Piazza Pulita, la trasmissione di La7, ha accertato che la galassia di Carlo Auteri, il deputato di FdI che solo ieri è uscito dal gruppo parlamentare all’Assemblea regionale, negli ultimi due anni ha avuto accesso a oltre 731 mila euro di finanziamenti regionali (frutto di leggi speciali dell’Ars). Il tutto grazie a una serie di società gestite dalla madre, dalla moglie e dal macchinista di scena di un teatro che fa capo al ras di Sortino. Ecco, dopo questa scoperta, ci si sarebbe aspettati una presa di posizione forte da parte del presidente Schifani, che invece continua a non pronunciare una parola; dell’assessore Amata, che a stento ha smentito il suo commissariamento; e del partito della premier Meloni, ma il responsabile dell’organizzazione, Giovanni Donzelli, farfuglia di non saperne molto.

Questa è l’odierna credibilità delle istituzioni: non solo Auteri ha minacciato un collega nei bagni dell’Ars per aver svelato l’altarino; ma ha continuato per mesi a fare gli interessi privatistici di associazioni e teatri legati al suo mondo culturale (sic!), guadagnandosi l’affiliazione col Teatro Quirino di Roma, di cui risulta consulente. Un fenomeno. Questo modo di comportarsi, in aperta violazione della questione morale, passerà alla storia come il metodo-Auteri: che non è un’onta da lavare, ma un titolo onorifico. Della serie: alla Regione piglia i soldi solo chi è ammanicato con qualche deputato, e ci dispiace per gli altri (che sono tristi…).

A Palermo sono giornate di autentica follia: ci si dovrebbe occupare di siccità e di sanità, di programmare gli investimenti per il futuro (ci sono miliardi di fondi Fesr da spendere), e invece ci si è persi. E’ la deriva della morale, della legalità e del buonsenso. La stessa assessora Amata, come riportato dal Fatto Quotidiano, ha riversato mezzo milione di euro nella sua provincia, Messina, per associazioni e parrocchie, comuni e Pro Loco, società sportive e culturali. La sagra del suino nero e del porcino, per citare la più celebre, è costata 7 mila euro. Ma l’utilizzo dei fondi del turismo non è una questione odierna: da mesi, forse un anno, il Movimento 5 Stelle continua a chiedere un dibattito d’aula sul caso SeeSicily, per capire in che modo sono stati utilizzati i fondi stanziati e poi ritirati dall’Europa, per spese ritenute “inammissibili”. Ma non c’è verso: il presidente Galvagno, che è legato a Fratelli d’Italia e alla sua corrente turistica, continua a non fornire risposte e nemmeno un appuntamento.

Eppure i siciliani esigerebbero spiegazioni di fronte all’occupazione militare della cultura. A capo del Teatro Biondo di Palermo, uno Stabile fra i più importanti d’Italia, è finito tale Valerio Santoro, che fin qui ha avuto una breve esperienza da direttore del Teatro di Santa Maria Capua Vetere, in Campania. La sua città. Strana combinazione lo vuole “vicino” a Federico Mollicone (FdI), presidente della Commissione cultura alla Camera dei Deputati. Ma, ripetiamo, è solo un caso: “Sono bravo e preparato, la politica non c’entra – ha detto a Repubblica – Se qualcuno non mi conosce è un problema suo”. La stessa tesi di Gianni Puglisi, il presidente dello Stabile, che dopo aver ammesso le tirate di giacche da parte dei partiti, ha adottato una versione che qualche dubbio lo semina: “I nomi non sono stati indicati dalla politica, sono saltati fuori da una valutazione tecnica, assolutamente indipendente”. Sarà che siamo troppi abituati alle ingerenze, ma nessuno ci crede.

Denunciare pubblicamente un accaduto, significherebbe esporsi al rischio che – d’ora in avanti – il banco possa saltare sempre. E non è nel miglior interesse di alcuno: né degli altri partiti della maggioranza, né delle opposizioni (che sono già stati maggioranza e un giorno, magari, lo ritorneranno). E’ forse questo uno dei motivi per cui nessuno si meraviglia del fatto che dallo scorso marzo la Fondazione Federico II, che amministra lo splendore del Palazzo Reale e della Cappella Palatina, è senza direttore. Dopo l’addio a Patrizia Monterosso, sancito da una Pec, a farne le veci è il presidente dell’Assemblea regionale in persona: Galvagno. Che peraltro dice di essersi calato a meraviglia in questo ruolo.

Oggi, per restare in tema, scade anche il commissariamento di Margherita Rizza ai vertici della Fondazione Orchestra Sinfonica Siciliana. Prese le redini il 16 maggio a seguito della decadenza del Consiglio d’Amministrazione, per effetto delle dimissioni di tre dei cinque componenti rimasti (e comunque dopo l’addio “forzato” di Andrea Peria, ex sovrintendente). Per mesi sei. Ma è possibile che nessuno dell’assessorato al Turismo, in questo frangente più o meno lungo, abbia posto in essere le procedure per ricostituire il Cda della Sinfonica e ridare lustro, innanzi tutto ripristinando la governance, all’istituzione musicale del Politeama? Ed è possibile che nessuno abbia minimamente accennato alla questione? Eppure si parla di nomine un giorno sì e l’altro pure. Succede anche in altri ambiti.

Ad esempio in materia ambientale. Ha fatto rumore la nomina dell’ex direttore generale dell’Ast, Mario Parlavecchio, nella commissione Via-Vas. E’ stato accreditato al Ministero da parte dell’assessore al Territorio e Ambiente Giusi Savarino, di cui è anche capo di gabinetto. Si pensava che il nuovo incarico fosse utile a ‘spodestare’ Gaetano Armao, il protetto di Schifani. Forse un modo per ridurre le pesanti influenze dell’avvocato d’affari palermitano sulle politiche del governo in materia energetica. E invece no, la Savarino ha subito precisato che “non c’è stata alcuna sostituzione. Ho accreditato Parlavecchio come esperto al ministero, ruolo che peraltro aveva svolto in passato, perché potrebbe subentrare nel caso di questioni in cui Armao, che è responsabile della Cts (la Commissione Tecnico Specialistica), potrebbe risultare incompatibile”. Insomma, tutto normale.

La quadra, invece, non si è ancora trovata alla Gesap, la società di gestione dell’aeroporto Falcone-Borsellino di Palermo. Schifani aveva pregato Vito Riggio, già dimissionario, di tornare in sella nel ruolo di amministratore delegato, con l’obiettivo di guidare la transizione dello scalo ai privati. Ma Fratelli d’Italia s’è messa di traverso perché ha poca stima dell’ex presidente dell’Enac, definito un “uomo solo al comando”. E persino Tamajo ha deciso di mettere un veto (di cattivo gusto) su un’operazione quasi chiusa. Il motivo? Alle scorse Europee, nonostante le 121 mila preferenze, all’assessore alle Attività produttive sarebbe mancata proprio quella di Riggio, che ha preferito premiare un’amicizia pluridecennale (dai tempi della Cisl) con Peppino Lupo, nuovo eurodeputato del Pd. Questa cosa non è andata giù al ras di Mondello, eppure nessuno riesce a far notare – né a lui tanto meno ai patrioti – che le soverchierie della politica hanno un limite oltre il quale è sconsigliabile avventurarsi.

Il limite è stato superato ampiamente da certi “pagnottisti”, le cui avventure nei corridoi della Regione dovrebbero indurre a una riflessione. Eppure, di fronte alle richieste di Scaglione & Co., che provano a rastrellare ingenti finanziamenti alla pubblica amministrazione per ampliare il proprio portafogli, col sostegno di alcuni sponsor compiacenti, nessuno interviene: né chi abita i palazzi del potere, tanto meno gli ordini preposti (quello dei Giornalisti esiste ancora? E il sindacato degli editori?). Nessuno solleva un dubbio di legittimità di fronte alle numerose attività di promozione e comunicazione che finiscono per beneficiare – stavamo per dire “arricchire” – i soliti noti, gettando discredito sull’intera categoria. Esistono o no i giornalisti indipendenti? E qualche editore libero?

Fermi tutti, però. Sulle marachelle del Turismo, dopo l’input della Procura di Siracusa, si è mossa la Digos. Così come la Corte dei Conti, che non ha mai abbandonato la pista SeeSicily, sta indagando sulla liceità dei contributi sparsi a enti e associazioni, assegnati senza una previsione di gara e in totale spregio dei principi di trasparenza e di merito. Quello della cultura era e resta il sintomo peggiore di un far west dilagante, dove l’interesse preminente (se non l’unico) è salvaguardare il proprio orticello maleodorante. A parte lo sbirresco La Vardera, che almeno prova ad agitare un po’ le acque, che fine ha fatto il resto della compagnia?