In una Regione tormentata dalla questione morale, starebbe per esplodere un’altra magagna: il concorso dell’Ars per 21 coadiutori amministrativi sarebbe viziato da un presunto caso di Parentopoli. Lo segnala l’edizione odierna del Giornale di Sicilia, che dopo aver visionato gli elenchi e raccolto le testimonianze degli esclusi (la platea iniziale era di 3 mila persone), evidenzia come “ad aver superato il primo sbarramento fino ad arrivare in pole position per l’assunzione che assicura un posto fisso da circa 140 mila euro all’anno sono stati anche alcuni politici, parecchi parenti di dirigenti del Parlamento regionale e figli di vertici amministrativi della Regione”. Per un totale di 53 persone.

La procedura, avviata nel marzo 2023, non è ancora giunta a conclusione. Ma già s’inseguono i sospetti e le minacce di un esposto alla magistratura. Nella lista dei papabili sono finiti due consiglieri comunali: uno è Valerio Barrale, di Belmonte Mezzagno, che è anche cugino del deputato di Noi Moderati, Saverio Romano; l’altra è Dyana Intorre, di Campobello di Licata, che aveva sposato il progetto di Diventerà Bellissima dell’ex governatore Nello Musumeci. Fanno parte della mischia anche i parenti di importanti figure apicali dell’Ars e della Regione stessa. L’accesso all’Ars come coadiutore amministrativo garantisce uno stipendio d’ingresso da 1.800 euro, che può crescere fino a 3.200. Il tetto massimo è di 140 mila euro l’anno. Come prerequisito d’ingresso non c’era la laurea, ma il diploma. Da qui il boom delle domande d’ammissione.