In attesa di capire come finirà la disputa con la Corte Costituzionale sulle elezioni di secondo livello nelle ex province, i partiti della maggioranza, all’Ars, sono pronti a portare in aula la manovra-quater del 2024. Un’altra variazione di bilancio, per alcuni un assestamento, con cui l’assessore all’Economia Dagnino metterà sul piatto 400 milioni di euro. A due condizioni: la prima è che il centrodestra non produca emendamenti rispetto al testo base (che la commissione Bilancio sta per esitare); la seconda è che si eviti il ricorso alle “mance”. I deputati già si mordono le mani, ma Schifani ha messo le cose in chiaro nell’ultima riunione di maggioranza, una decina di giorni fa. Qualsiasi fuga in avanti avrebbe un significato nefasto per la coalizione di governo che, al netto dei proclami di coesione e lealtà, è divisa su tutto.

Per calmierare gli umori potrebbero subentrare altre promesse per nuove prebende, ma stavolta con la Legge di Stabilità 2025, che il governo trasmetterà all’Assemblea dopo la conclusione dell’iter riguardante le variazioni. Da qui a Capodanno non si farà altro che discutere di manovre e manovrine finanziarie, e anche il testo sulla reintroduzione del voto diretto nei Liberi Consorzi e nelle Città Metropolitane (complice l’ira che filtra dalla Corte Costituzionale) potrebbe finire in un cassetto, nell’attesa che si calmino le acque. Parte così la stagione più coinvolgente della politica siciliana, dove i tanti, troppi soldi a disposizione – per effetto di qualche strategia o magheggio – finiscono per alimentare una spesa parcellizzata, che non bada allo sviluppo ma soltanto alla contingenza. Alle grandi opere d’altronde penserà Roma: ci sono 90 milioni a valere sull’Accordo di coesione per riattivare i dissalatori; 1,3 miliardi per il Ponte sullo Stretto; e 800 milioni per i termovalorizzatori.

Il Parlamento può pensare a poste minori, purché siano in grado di stimolare l’interesse dei singoli territori. Ma partiamo dalla manovrina che ha già una scadenza in calce: quella di metà novembre. “Siamo in condizioni di finanziare nuove spese per circa 420 milioni a sostegno della crescita, grazie al rispetto degli impegni di ripianamento del disavanzo – ha detto l’assessore all’Economia, Alessandro Dagnino – Rigore e sviluppo rimangono le parole d’ordine e la possibilità di realizzare una quarta manovra è la prova non solo che la Sicilia cresce, ma anche che i conti sono in ordine”. Ad aver determinato il 4° round sono le maggiori entrate fiscali e la compensazione garantita da Roma (74 milioni) di fronte al mancato gettito Irpef da parte della Sicilia. “Il connubio tra rigore e sviluppo – ha detto ancora Dagnino – viene perseguito anche attraverso il miglioramento della qualità della spesa discrezionale, che per la prima volta è destinata per il 97 per cento a investimenti”.

Ma andando ad analizzare le singole voci fin qui esitate in commissione, sembra di vivere su un altro pianeta: 10 milioni per la riparazione della rete idrica di Agrigento, 10 per la bonifica dei siti inquinati, 2 per la rimozione della cenere vulcanica, 10,5 per la sopravvivenza degli allevamenti zootecnici e delle aziende agricole colpite dalla siccità, 12,5 per l’acquisto del palazzo ex Sicilcassa, altri 4 per l’Ati di Caltanissetta (anche lì ci sono delle condotte da riparare). Chiamarli “investimenti” è una forzatura. Vanno ancora ufficializzati i costi per fare fronte al caro-voli (7 milioni per garantire gli sconti fino a fine anno), i 30 milioni per gli oneri contrattuali dei dipendenti regionali, e altri 30 per lo sviluppo delle imprese. Da commissionare all’Irfis. La banca della Regione dovrebbe occuparsi, inoltre, dei contributi a fondo perduto per le famiglie indigenti, annunciati da Schifani durante la convention di Forza Italia, che però non convincono Fratelli d’Italia (la proposta, non inserita nel testo base approvato in commissione Bilancio, arriverà direttamente in aula). Va ancora contabilizzato, inoltre, il “prestito d’onore” per gli universitari che scelgono di continuare a studiare in Sicilia e che, attraverso un meccanismo complicato, saranno concessi attraverso gli istituti di credito aderenti all’iniziativa.

Il cerchio dovrà chiudersi necessariamente a breve, per poi lasciare spazio alla manovra vera e propria. La Legge di Stabilità che mette nero su bianco gli impegni del governo per il 2025, e che dovrà essere approvata entro il 31 dicembre per evitare l’esercizio provvisorio. L’anno scorso l’ex assessore Marco Falcone – oggi in Europa – riuscì a interrompere un filotto extradecennale di ricorso ai dodicesimi. Poi le sue strade e quelle di Schifani si sono separate: toccherà a Dagnino non farlo rimpiangere. Anche se, francamente, i tempi appaiono strettini. La Finanziaria dovrà essere approvata dalla giunta e poi trasmessa all’Assemblea regionale, per un primo passaggio nelle commissioni di merito, prima dell’approdo in commissione Bilancio e infine in aula. Dove sarà necessario evitare gli sgambetti di un’opposizione sempre più sparuta e le vendette di una maggioranza sempre più litigiosa, che magari potrebbe utilizzare il voto segreto per lanciare messaggi trasversali a Schifani. Bisognerà fare bene i calcoli e organizzarsi, perché ci sono di mezzo le vacanze di Natale.

Ma poiché alla Regione è tutta una questione di bilanci, non bisogna mai sottovalutare le iniziative della Corte dei Conti e l’interruzione di un processo, legato alla parificazione del rendiconto 2021, che non si è ancora esaurito. Dopo la sospensione della parifica da parte dei giudici contabili – per i soliti problemi legati alla spalmatura del disavanzo storico, che si trascina dal 2018 – la Regione si oppose con un ricorso presentato proprio dall’avvocato Dagnino, oggi assessore. E riuscì ad ottenere l’annullamento della deliberazione delle Sezioni riunite per “violazione del contraddittorio processuale”. “Adesso il giudizio dovrà tornare alle Sezioni riunite della Corte dei conti siciliana – disse l’avv.Dagnino lo scorso marzo – e innanzi ad esse, nel pieno svolgimento del contraddittorio, potremo far valere le ragioni sostanziali a sostegno della correttezza del Rendiconto 2021 approvato dalla giunta regionale”.

Anche il rendiconto 2020, però, aveva fatto discutere, con la mancata parifica da parte della Corte dei Conti. Secondo il Procuratore generale, Pino Zingale, “per un certo periodo la Regione ha speso somme delle quali non aveva la giuridica disponibilità, dovendole, invece, destinare al ripiano del disavanzo” e ciò “impone a questa Procura i necessari accertamenti al fine di verificare la sussistenza o meno di eventuali responsabilità amministrative connesse alla constatata artificiosa dilatazione del potere di spesa”. A finire sul banco degli imputati, manco a dirlo, era stato l’ex assessore al Bilancio, Gaetano Armao, che oggi si gode la vista dalla stanza di Palazzo d’Orleans dove – udite udite – si occupa ancora di fondi extraregionali per conto del presidente della Regione. Nonostante tutto.