O l’assessorato all’Economia è una macchina che gira a vuoto, condizionata dalle strettoie della burocrazia e dei controlli (basti vedere come procede a rilento il riaccertamento dei residui del bilancio 2023); oppure la politica siciliana dovrebbe arrossire per l’ennesima figuraccia di questa legislatura. Pare, ma la cosa è certa, che il governo Schifani non riesca a reperire una cifra “dignitosa” per mandare in porto la legge contro il crack, che prevede interventi di prevenzione e contrasto a una delle piaghe che sta annientando il futuro di giovani e famiglie. Interi quartieri sono devastati dal consumo di droghe, specie nelle grandi città, il vescovo Lorefice non smette di appellarsi al buon senso della politica e, toh, il centrodestra se ne esce con una copertura finanziaria da 800 mila euro che fa ridere i polli (e non solo le opposizioni).

Breve ma necessaria premessa: la legge, un unicum in Italia, ha l’obiettivo dichiarato di far nascere delle unità mobili di medici e assistenti sociali per scandagliare i quartieri più “infetti”, ma anche per stringere convenzioni con istituti privati allo scopo di creare nuove strutture di ricovero per tossicodipendenti. Cose che richiedono sensibilità e una precisa dotazione finanziaria, possibilmente da spalmare su più anni. Invece l’aula è col fiato sospeso da quando, nel luglio dello scorso anno, la proposta varcò i cancelli di Palazzo dei Normanni, con il benestare (e la spinta) dell’Arcivescovo di Palermo. E’ stato un iter farraginoso, di fronte al quale lo stesso Lorefice, nel corso delle celebrazioni del 400° festino di Santa Rosalia, sembrava aver perso la pazienza: “Il crack è la nuova peste. Invito i politici e gli amministratori della città e della Regione, affinché si adoperino concretamente e celermente ad approvare il disegno di legge. E’ passato un anno e ancora nulla”.

Era stato l’Arcivescovo, assieme a diverse realtà civili, ecclesiali e universitarie a farsi sponsor di un disegno di legge che potesse regolamentare un fenomeno fuori controllo. E sembrava pure che l’incontro di qualche giorno fa con Schifani avesse sancito la parola fine rispetto a un’attesa di per sé ingiustificabile. Invece l’incontro al palazzo Arcivescovile – avvenuto, per la cronaca, qualche ora dopo il diverbio fra Lorefice e il sindaco di Palermo Lagalla: un caso? – non ha portato a nulla di risolutivo. Perché da quando Schifani ha rimesso piede a Piazza Indipendenza, la vicenda è diventata surreale, quasi grottesca: “Si è parlato di appena 800 mila euro di budget – si è sfogata la deputata regionale del Pd, Valentina Chinnici – ma secondo noi per assicurare efficacia alla legge servono 10 milioni”. A voler spremere l’ultimo dei limoni, si potrebbe arrivare a cinque. La collega del M5s, Roberta Schillaci, implora risorse “adeguate, se veramente si vuole dare risposte concrete alle famiglie che non sanno cosa fare per affrontare questo gravissimo e purtroppo dilagante problema”.

Ma com’è possibile che non si trovino i soldi per una cosa così importante? La Regione siciliana, anche nel corso dell’ultima manovra correttiva, a luglio, ha dato prova di spudoratezza, ricavando un capitolo per le mance pari a 80 milioni di euro, per di più con una suddivisione scientifica delle somme a disposizione dei singoli deputati, che hanno potuto assicurarsi sagre, feste e interventi di restauro. O contributi a società sportive individuate senza criteri oggettivi: come nel caso del (ricco) Trapani calcio, destinatario di un aiutino da 300 mila euro su richiesta dello stesso Schifani, che ha inviato il portaordini Caruso dal capogruppo del suo partito, Pellegrino, allo scopo di allestire una iniziativa parlamentare ad hoc. E’ la stessa Regione, senza voler citare i casi più estremi, che trova le risorse per una campagna di comunicazione nei grandi aeroporti internazionali – circa 2 milioni, come sancito da un decreto del dipartimento del 6 settembre – allo scopo di attrarre turisti, ma non ha che da offrire le briciole per i suoi figli più disperati.

Lorefice dovrà farsene una ragione. E non mancano certo altri esempi. Questa Regione, abilissima interprete del clientelismo di massa (basti guardare i molteplici Avvisi sfornati dall’assessorato alle Attività produttive) è la stessa che mette sul piatto 4 milioni per Agrigento Capitale della Cultura, promuovendo iniziative dal dubbio valore artistico (compresi gli 800 mila euro per il concerto natalizio de Il Volo), ma che lascia a secco per settimane i 12 mila residenti della frazione di Fontanelle, dove la situazione è drammatica e la siccità imperversa. E’ la stessa Regione che, attraverso la Film Commission, finanzia 17 produzioni cinematografiche per 3,5 milioni e si fa fotografare sul set di Makari (ieri l’assessore Amata era al fianco di Claudio Gioè e del celebre Piccionello) e che, dall’altro lato, non riesce a porre un argine alle emergenze da film che si materializzano un giorno sì e l’altro pure, fra incendi, acqua e monnezza. Ricorre, semmai, alla dichiarazione dello stato d’emergenza per poter “strappare” qualche milione a Palazzo Chigi.

Di milioni da Roma potrebbero arrivarne 75, in vista della prossima Finanziaria, per effetto della riforma degli scaglioni dell’Irpef. Mentre a breve, come accennato sulle colonne del Giornale di Sicilia dal nuovo assessore Dagnino, si potrà imbastire un’altra variazione di bilancio – la manovra-quater – grazie ai 250 milioni di maggiori entrate. Ma davvero, al netto delle somme già congelate per alcuni atti improrogabili (come il rinnovo del contratto dei regionali e il ripiano, almeno parziale, del debito con Ferrovie dello Stato), non si riescono a trovare dieci, benedetti milioni da investire contro il consumo di crack, per dare una risposta consapevole e matura all’Arcivescovo di Palermo e anche alla disperazione di centinaia di famiglie? Davvero i politici siciliani sono diventati così meschini d’animo da non riuscire più a cogliere la differenza fra l’utile e il dilettevole? Da non distinguere fra i riccastri alla corte dell’imperatore e i poveri, quelli veri? La risposta è attesa nel giro di pochi giorni: entro il 24 settembre la nuova legge contro il crack prenderà forma, in un modo o nell’altro.