Antonio Tajani è diventato un equivoco. Sul piano politico, s’intende, perché sul lato umano di ambiguo non ha nulla: il leader di Forza Italia è una figura lineare, specchiata. Mai una chiacchiera sul suo conto, nulla di scabroso su Dagospia a differenza di qualche collega ministro. È un personaggio che del buon carattere ha fatto il punto di forza, il segreto della sua lunga ascesa all’ombra del Cavaliere. Ma qui nasce il fraintendimento, l’equivoco che lo circonda: a questa moderazione innata, che è il Dna di Tajani, viene attribuita una connotazione ulteriore. Diventa (specie a sinistra) un tratto distintivo, un attestato di merito, una medaglia al valore quasi che le buone maniere del Nostro, unite all’aria tranquilla, lo rendano diverso e incompatibile con una destra sguaiata, eccessiva, perennemente sopra le righe. Cosa ci fa Tajani in quella combriccola? Come può reggere il sacco agli esagitati? L’aspettativa è che perda la pazienza e se ne vada sbattendo la porta. Cosicché, dopo la beatificazione postuma del Cavaliere, mai così popolare tra quanti lo detestavano, va in scena quella del suo scudiero. Vezzeggiato, blandito da chi spera nel ribaltone. Continua su Huffington Post