Seicento milioni di euro: è l’ultimo regalo faraonico di Edy Tamajo alle imprese siciliane. Il programma si chiama Step, acronimo di Piattaforma per le Tecnologie Strategiche per l’Europa; lui, invece, è il solito ras di Mondello, con un potenziale clamoroso (in termini di consenso) e un portafogli smisurato. Un combinato disposto che l’ha portato sulla soglia dell’Europarlamento (forte di 120 mila preferenze) prima che il segretario nazionale Tajani gli chiedesse un passo di lato per far assurgere al trono una certa Caterina Chinnici, finita terza nella lista di Forza Italia (ma reduce da un ingombrante cambio di casacca che andava “premiato”). Poco male, al netto della presa in giro e delle promesse (disattese) di un ruolo più prestigioso: Tamajo era a resta il punto di riferimento dell’imprenditoria siciliana, alla quale, in appena due anni di legislatura, ha elargito fior di milioni.

“Il mio impegno quotidiano – ha detto senza esagerare – è garantire che le risorse messe in campo possano creare nuove opportunità di lavoro e migliorare la qualità della vita dei siciliani. Vedo questo programma come un’opportunità straordinaria per rafforzare il nostro tessuto economico e offrire nuove prospettive ai nostri giovani”. Un proclama un po’ generico che però racchiude tutta la buona volontà e le ambizioni di un assessore reduce da un’estate sulle montagne russe. Il suo guru, Totò Cardinale, aveva auspicato per lui il ruolo di assessore alla Salute, che rappresenta un concentrato di potere con pochi eguali, da cui è possibile gestire le nomine, le sorti degli ospedali e dell’assistenza territoriale e i rapporti di forza coi privati, attraverso il controllo di una leva operativa che muove 9 miliardi l’anno. Ma Schifani, che da un lato lo agevola e dall’altro lo invidia, ha preferito piantare a piazza Ottavio Ziino la bandierina del “fantasma” Volo, così da garantirsi il controllo delle operazioni e uno sbocco pratico alle questioni più impellenti (che tuttavia non gli garantisce di conoscere in anticipo le condizioni di Pronto soccorso e guardie mediche, e in generale le numerose criticità di sistema, per le quali si muovono ispettori e cabine di regia).

Tamajo se n’è rimasto buono, ha fatto buon viso a cattivo gioco (ospitando il governatore alla Festa dell’Assunta di Mondello, nel giorno di Ferragosto), continuando a lavorare a testa bassa e lontano dalle polemiche. L’obiettivo è capitalizzare il bottino fra tra anni, nel 2027, quando la Sicilia tornerà al voto per eleggere un presidente della Regione che non abbia le fattezze di un traghettatore o di un commissario, come sta accadendo a Schifani. Bensì di un capo di governo “reale”, che dalla gestione traumatica delle emergenze tragga insegnamento per un po’ di sana pianificazione. Questa, però, è una storia tutta da scrivere e, possibilmente, da condividere, incrociare o sovrapporre con quella dell’astro nascente di Fratelli d’Italia: Gaetano Galvagno da Paternò. Il quale, come risaputo, può contare sull’appoggio dei patrioti catanesi.

Nel frattempo Tamajo si muove step by step, come il nome del programma annunciato e promosso in queste ore, il cui obiettivo è sostenere investimenti in tecnologie strategiche che rafforzino l’autonomia dell’Europa in settori chiave, come la tecnologia verde, digitale, e la sicurezza energetica. Se ben gestito, potrebbe essere la sua grande fortuna e la fortuna di molti imprenditori: “Abbiamo pensato a un programma che non si limitasse a fornire risorse economiche, ma che offrisse anche strumenti per innovare, crescere e diventare sempre più competitivi. Il nostro impegno – ha sottolineato l’assessore – è quello di sostenere le Piccole e Medie Imprese (PMI), che costituiscono l’ossatura del nostro sistema produttivo”. Tamajo s’è mosso con estrema intelligenza, dando risposte che ad altri – Schifani in primis – mancano. Mettendo in mostra le proprie capacità di governo nel sostenere economicamente progetti innovativi e futuribili.

Antonello Montante – in una frase intercettata dagli investigatori – spiegò che “con le Attività produttive si può fare la terza guerra mondiale”. Come dargli torto? Dal suo insediamento, Tamajo ha facilitato l’accesso al credito per le piccole imprese, favorendo lo sviluppo di strumenti finanziari e agevolazioni fiscali, compresa l’attivazione di fondi regionali per il sostegno alle start-up innovative e per la digitalizzazione delle imprese tradizionali, con l’obiettivo di renderle competitive sui mercati. Ha promosso il programma “Sicilia Innovativa”, con l’adozione di tecnologie avanzate e la formazione digitale nelle PMI, permettendo a centinaia di imprese di accedere a contributi a fondo perduto e a prestiti agevolati per l’acquisto di nuove tecnologie, per la formazione del personale e l’espansione sui mercati esteri.

Nell’ambito della sostenibilità e della transizione energetica, ha offerto incentivi per l’installazione di impianti fotovoltaici e per l’efficientamento energetico delle strutture produttive. L’iniziativa ha contribuito non solo alla riduzione delle emissioni di CO2, ma anche alla diminuzione dei costi energetici per le imprese coinvolte. Inoltre ha sviluppato “Sicilia Autentica”, con la creazione di una rete fra produttori locali, ristoratori e operatori turistici che condividessero l’obiettivo di offrire ai visitatori un’esperienza unica legata ai prodotti del territorio, attraverso la creazione di nuovi percorsi enogastronomici e culturali utili a valorizzare le tradizioni locali e destagionalizzare l’offerta turistica. Per ognuna di queste iniziative sono piovuti decine di milioni, oltre a numerosi elogi che torneranno spendibili più e meglio delle risorse materiali servite su un piatto d’argento alle imprese. Che, data la consistenza delle cifre (ci sono anche 400 mila euro, di recente, per 57 progetti utili a sostenere iniziative di sviluppo in settori come agroalimentare, artigianato, ambiente, nautica, moda, turismo, enogastronomia), dovrebbero essere le più ricche d’Europa e ovviamente non lo sono. Un po’ di illusionismo non guasta mai…

Tamajo, però, ha lavorato in questa direzione, riducendo al minimo le esternazioni e le polemiche. E’ rimasto incagliato soltanto sulla decisione del collegio dei probiviri di sospenderlo una ventina di giorni da Forza Italia per alcune intemperanze durante la campagna elettorale, quando si è espresso in malo modo nei confronti di presunti deputati-camerieri, tra cui il vicepresidente della Camera dei Deputati, Giorgio Mulè. “Discredito” e “slealtà” sono state le accuse del partito, che poi ha congelato la “squalifica” in attesa di ulteriori approfondimenti (che magari non arriveranno nemmeno). L’episodio, però, ha aperto una faglia inevitabile. E non è la sola.

Perché alla lunga il dualismo con Schifani per la poltrona di Palazzo d’Orleans potrebbe tornare in auge (il governatore, in questi giorni, ha spifferato a più fonti l’obiettivo di un secondo mandato). La prospettiva di uno scontro fratricida, però, non lo distrae dalla specialità della casa – spargere moneta – che l’immobilismo di questa Regione ha finito per trasformare in un grande clientelismo di massa: pienamente legalizzato, va da sé, ma fortemente indicativo della capacità di indirizzo politico (assente) di Schifani & Co. L’assessore Tamajo è come il fuoriclasse che si rintana nel gruppo prima di alzarsi sui pedali e provare a scattare. Di questo passo, però, quanti gregari gli rimarranno per dare l’assalto alla maglia rosa?