L’incontro con la Stampa Parlamentare, pur nella sua tradizionale cornice confidential e festaiola, poteva essere l’occasione per un discorso meno banale del solito e, soprattutto, meno ancorato al puro e semplice rilascio di una pagellina sul lavoro svolto in quest’ultimo anno dai deputati dell’Assemblea regionale siciliana. Poteva essere, appunto, l’occasione per un discorso istituzionale sul male oscuro che lentamente svuota dall’interno la Regione e la trascina sempre più in una zona nebbiosa che finisce per rendere ininfluente sia il governo che il parlamento. Ma il presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno, quell’occasione purtroppo l’ha persa. Si è impappinato, come uno studentello al primo esame, sull’autonomia differenziata, parlando addirittura di “guerra”, poi corretta in “sfida”, tra le ricche amministrazioni del nord e quelle povere del sud. E subito dopo, quando gli è stato chiesto un giudizio sull’ex presidente Musumeci che nei cinque anni di permanenza a Palazzo d’Orleans non ha presentato nemmeno un progetto per garantire l’approvvigionamento idrico della Sicilia, è venuto fuori con una risposta a dir poco disarmante.
Una risposta che la dice lunga sul senso dello Stato che molti esponenti di Fratelli d’Italia mostrano di non avere; e che all’un tempo rivela un “peccato originale” che i patrioti più zelanti, come Galvagno, vogliono tenacemente tenere nascosto, a dispetto di tutti coloro – a cominciare dai deputati del Movimento Cinque Stelle – che, da un anno a questa parte, continuano a chiedere, proprio su quel “peccato”, un dibattito aperto, leale e trasparente. “Andare a cercare chi ha colpe rispetto a un tema emergenziale come la siccità, e che deve essere risolto in modo strutturale, non serve a nulla”, ha sentenziato il presidente dell’Ars, liquidando in quattro e quattr’otto l’insidiosa domanda su Musumeci.
Di colpe, dunque, i patrioti siciliani preferiscono non parlare. Anche perché – e arriviamo così al punto – se si apre malauguratamente il delicato capitolo sulle responsabilità politiche bisognerà mettere in piazza non solo le assenze e le inefficienze di Nello Musumeci, divenuto nel frattempo ministro della Repubblica, ma anche gli scandali e gli azzardi dei suoi venerati assessori. A cominciare dalle spregiudicatezze dell’ex titolare del Turismo – il famigerato Balilla – che con lo scandalo di SeeSicily ha devastato il bilancio regionale, ci ha costruito sopra una folgorante carriera politica e ha bruciato, in operazioni tutte da indagare, oltre venti milioni di denaro pubblico. Uno scempio.
Il Balilla, lo sanno pure le pietre, è un gerarca molto potente di Fratelli d’Italia. E ha già lanciato un avvertimento: chi parla di SeeSicily è “un infame e un delatore”. Galvagno è un suo fedelissimo. Le colpe? Meglio una parola in meno che una parola in più. Chi si guardò si salvò.