Avete presente il gattino impertinente che, pur di segnare i confini del suo territorio, fa la pipì fuori dal vasino? Renato Schifani può anche distrarsi – gli capita – sulla siccità o su un’altra soffocante emergenza della Sicilia, ma se gli toccate il sottogoverno, cioè quel commercio osceno di incarichi e poltrone, attiva subito le antenne, individua l’usurpatore e comincia a sputar fuoco dalle narici. E’ successo a proposito del Teatro Massimo. Appena il sindaco di Palermo ha annunciato il proposito di blindare, per la sovrintendenza, il nome di Marco Betta – “squadra che vince non si cambia” – il presidente della Regione ha voluto immediatamente rinfacciare a Roberto Lagalla di avere “parlato a titolo personale”. Lasciando così intendere che per lui i meriti di Marco Betta, compositore di prestigio internazionale, non contano poi così tanto. Preferibile, magari, sostituirlo – al momento della scadenza, prevista per fine agosto – con un pagnottista di sua stretta fiducia. Come quell’Andrea Peria nominato nel maggio del 2023 al vertice dell’Orchestra Sinfonica in un quadro di lampante incompatibilità e cacciato a fatica dopo un anno perché la fondazione rischiava di perdere gli undici milioni previsti dalla Finanziaria per tenere in vita tutto l’apparato del Politeama. Uno schiaffo scrosciante non solo per il pagnottista promosso, miracolosamente, al ruolo di sovrintendente di un ente culturale; ma anche per lo stesso Schifani, suo principale sponsor, e per l’assessore Elvira Amata, la patriota che dagli uffici di via Notarbartolo guida, con i metodi e la cultura della corrente turistica di Fratelli d’Italia, anche il luccicante mondo degli spettacoli: dall’Orchestra Sinfonica a Taormina Arte, dal Bellini International Context fino alla Film Commission. Era stata lei a firmare, senza accorgersi purtroppo delle incompatibilità, il decreto che elevava Peria nell’olimpo dei grandi manager musicali.
Certo – ma questo lo sanno pure le pietre – la nomina del sovrintendente del Massimo, ente lirico di primaria importanza, andrà ovviamente concordata tra il Comune di Palermo, la Regione e il ministro dei Beni Culturali, Gennaro Sangiuliano. Lo stabilisce lo statuto, avranno tutti voce in capitolo. Ma la rancorosa stroncatura della proposta avanzata mercoledì a Villa Igea da Roberto Lagalla – segno di una stima profonda della città nei confronti di Marco Betta – ha finito per dimostrare la grande distanza, politica e non solo, che esiste tra il sindaco di Palermo e il presidente della Regione. La stessa che esiste tra un compositore di fama di internazionale e un pagnottista pescato nel retrobottega di Palazzo d’Orleans.