Per capire gli effetti dell’autonomia differenziata, bisognerà attendere la contrattazione fra lo Stato e le Regioni che manifesteranno l’intenzione di avvalersene. Prima, infatti, bisognerà quantificare per bene i cosiddetti Lep, i Livelli essenziali delle prestazioni, e garantirli a tutti: dal Trentino alla Sicilia. Poi ogni Regione andrà per sé, con l’opportunità – per quelle più evolute – di veder aumentare ricchezza e benessere. Per le altre, che evolute non sono, rimarranno le briciole. In soldoni si rischia di spaccare il Paese più di quanto non lo sia già.
Mai come stavolta, piuttosto che dividersi per partito preso, sarebbe stato più utile agire (e votare) secondo coscienza. In pochi l’hanno fatto. Fra questi, tre deputati calabresi di Forza Italia, che hanno ricevuto il plauso del governatore Roberto Occhiuto: “Temo che il centrodestra nazionale abbia commesso un errore, del quale presto si renderà conto”. Occhiuto è libero di pensiero e ancora una volta l’ha dimostrato, evitando di ingraziarsi i ministri della Meloni solo perché lo richiede il cerimoniale. E anche Vito Bardi, governatore forzista della Basilicata ha espresso un punto di vista più imparziale: “Condividiamo le perplessità già espresse da alcuni esponenti di Forza Italia in ordine all’accelerazione che si è voluto imprimere al processo legislativo, quando si sarebbe potuto migliorare ulteriormente il provvedimento”. Si è andati troppo di fretta e, per la verità, anche Renato Schifani, governatore che conosciamo bene, neanche due mesi fa aveva chiesto al Parlamento di non fare forzature e ai partiti di evitare che “questo tema diventi una bandiera da sventolare durante la campagna per le Europee”.
Il tempo di andare al voto, e tac: la frittata è servita. Con un’aggravante, e cioè che Schifani non ha avuto il coraggio di approfondire o contestare la misura. Ha preferito limitare i danni per non perdere posizioni nei confronti dei principali attori – con la Meloni ha firmato un patto da 7 miliardi solo qualche settimana fa – di questa legge “spacca Italia”, come la chiamano Pd e Cinque Stelle. Ecco cos’ha ha detto il presidente della Regione siciliana: “L’approvazione del regionalismo differenziato, grazie ai significativi miglioramenti normativi apportati da Forza Italia, costituisce una importante sfida per il sistema delle autonomie. Una prova per rendere più giusta, più competitiva e più autonomista la nostra Repubblica. Per migliorare i servizi per i cittadini e le imprese”. Insomma, Schifani è fra i sostenitori di Calderoli e della legge che, una volta entrata a regime, servirà soltanto ad allargare la forbice fra ricchi e meno ricchi, nella prospettiva di garantire a questi ultimi una stentata “sopravvivenza”. Null’altro a pretendere.
E’ una questione di sensibilità e di preparazione politica. Di amore e di visione. Che qualcuno dimostra di avere, e qualcun altro no. Il parallelo con Roberto Occhiuto non è casuale e nemmeno certe posizioni lo sono. I due, in comune, hanno soltanto l’appartenenza. Per il resto si sono contesi il centro di Cardiochirurgia Pediatrica di Taormina, che l’assessore alla Salute Schillaci deve ancora decidere a chi assegnare; e il trono di vicesegretario nazionale di Forza Italia, andato al politico calabrese. Che, per ripicca, Schifani e i suoi non hanno votato al congresso. Con questa motivazione: “Un governatore di una regione, qualunque essa sia, chiamato dai cittadini direttamente ad occuparsi del territorio, può mai avere il tempo di occuparsi di un ruolo di partito che in questo momento ha bisogno di gente nuova. Sarebbe ridicolo”. In realtà per quel posto era candidato anche Schifani, che poi ha dovuto accontentarsi dell’incarico di presidente del Consiglio nazionale del partito. Anche per le sue posizioni un po’ troppo critiche nei confronti del segretario Tajani.
Sono passati mesi, ma pare che i rancori non passino mai. Anche se in questa vicenda specifica, più che coltivare volutamente una posizione in antitesi rispetto a Occhiuto, sarebbe servita quella onestà intellettuale che permetterebbe a chiunque, anche ai bambini dell’asilo, di capire come la Sicilia, oltre a non essere (mai) riuscita a sfruttare il proprio statuto speciale, non sia minimamente in grado di reggersi sulle proprie gambe e gestire in autonomia materie come la scuola o la sanità. E’ improponibile. Solo che si fatica ad ammetterlo, altrimenti chi li sente Giorgia e Matteo. A una delle prime conferenze Stato-Regioni per discutere con Calderoli, Schifani non si presentò neppure e mandò al suo posto Sammartino, che all’epoca era il vicepresidente. Ora che bisognava battere i pugni sul tavolo o intercedere con la deputazione nazionale per dare un segnale, l’ha fatto solo Occhiuto.
Schifani si limita a fare il vigile urbano sprovvisto di fischietto: “Il percorso attuativo del regionalismo differenziato approvato dal Parlamento dovrà garantire l’eguaglianza sostanziale, i livelli essenziali delle prestazioni e gli interventi di perequazione per superare i divari tra Nord e Sud e la marginalità insulare – ha scritto il governatore sui social -. Su questo vigileremo attivamente nella convinzione che istituzioni più giuste e più moderne siano ciò che i cittadini e le imprese chiedono”. Ovviamente le opposizioni non le mandano a dire: “Schifani scelga se essere fedele ai suoi dante causa nazionali e quindi affossare definitivamente la Sicilia. O se, finalmente, deciderà di occuparsi degli interessi dei siciliani riacquistando la voce opponendosi con forza all’autonomia differenziata”, ha commentato il Partito Democratico. Che poi propone una raccolta firme per un referendum abrogativo. Per il Cinque Stelle Nuccio Di Paola, “scuola e sanità rischiano di essere massacrate. E pensare ad una sanità ancora peggiore di quella che in Sicilia costringe ad attese infinte per visite ed esami e a stazionamenti lunghissimi nei pronto soccorso, onestamente fa venire i brividi. Quando gli italiani e i siciliani in particolare si troveranno di fronte alle conseguenze di questa scellerata riforma, sappiano quantomeno a chi dire grazie. Probabilmente si morderanno le mani per avere dato fiducia a un governo che tutto sta facendo tranne gli interessi dei cittadini. E tutto questo, ovviamente, col silenzio complice del governo Schifani”.
Il governo non c’era, e se c’era dormiva. Nessuno della Lega – in realtà c’è rimasto il povero Turano, di estrazione Udc – ha fiatato. Figurarsi quelli di Fratelli d’Italia, sempre più Giorgia-centrici. Neppure i forzisti, con a ruota i confratelli Cuffaro e Lombardo, hanno avuto il coraggio di cinguettare un messaggio di preoccupazione. Ma che c’è da preoccuparsi, andrà tutto a meraviglia. E mica solo per l’autonomia differenziata, anche per tutto il resto.