Molti retequattristi si sono trasformati ieri da apostoli del governo Meloni in teologi pronti a discutere e a giudicare il magistero di Papa Francesco morto alle 7,35 del mattino. Viva la libertà di stampa e d’opinione, verrebbe da dire. Ma bastava guardare, per un solo istante, certi salotti messi in piedi dai “bravi presentatori” per fuggire a gambe levate verso agognate clausure. Tra le analisi e le saggezze sparse nel dibattito, emergevano anche insopportabili punte di trombonismo: “Io e lui…”. E davanti a una chiacchiera che finiva per ammannire miserabili superbie, la mente andava all’infinito silenzio con il quale Francesco, solo in una piazza San Pietro bagnata dalla pioggia, supplicava la Madonna e invocava la fine del Covid. Era il 27 marzo del 2020; eravamo tutti chiusi in casa per il lockdown. Mai silenzio era stato così denso di fede e di miracolo.