Un impietoso Gian Antonio Stella ha ricostruito sul Corriere della Sera la storia della grande sete di Sicilia. Siamo partiti con quarantasette dighe. Delle quali venti sono state collaudate e diciassette dismesse. Altre sono state abbandonate “prima ancora di essere finite e dopo avere stuprato il paesaggio”. Non solo. La Regione ci ha provato pure con il Pnrr: ha presentato trentuno progetti che puntualmente sono stati tutti bocciati. Uno scempio, non c’è che dire. Ma chi paga? Nessuno. I magistrati ordinari perseguono i reati, dalle ruberie alla corruzione, non la mala politica. La Corte dei Conti sorveglia su bilanci e impegni di spesa ma i disastri non sono materia di sua competenza. Avrebbe dovuto scattare il giudizio – il Dies irae, stavo per dire – del popolo sovrano. Però non si sono viste né rivolte né rivoluzioni. La via della sete sarà ancora lunga.